Nel mercato del lavoro ogni individuo può essere valutato per quello che sa dare, per le sue
competenze, ma non può essere trattato diversamente a causa del suo genere sessuale. Questo
principio (riconosciuto dalla stessa Costituzione all'art. 3) si applica non solo al momento
dell'assunzione, ma anche con riferimento alla retribuzione (uno stesso lavoro deve essere
ugualmente pagato, che sia svolto da una donna o da un uomo), all'assegnazione delle qualifiche e
mansioni, all'avanzamento nella carriera e all'accesso alle prestazioni previdenziali. Dunque non
ci dovrebbero essere differenze di trattamento tra donne e uomini.
Dirai: ma a chi la racconti! Bene, devi sapere alcune cose utili, ad esempio che puoi far
valere i tuoi diritti: tutti gli atti che il datore di lavoro compie e che hanno come unico scopo
quello di discriminare il lavoratore per motivi di genere sessuale sono solitamente nulli. Bisogna
ovviamente provarlo, e ti consigliamo di rivolgerti a qualcuno che ti possa tutelare e aiutarti a
far valere le tue ragioni. Ma vi sono alcuni atti che la legge stessa considera discriminatori a
prescindere da una prova specifica dell'intento del datore: il licenziamento della lavoratrice per
matrimonio e le dimissioni (non convalidate) durante la maternità e il matrimonio.
Ricorda: se ritieni di aver subito delle discriminazioni sul luogo di lavoro puoi agire per
veder tutelati i tuoi diritti sia con un'azione individuale che con un'azione collettiva, nel caso
in cui la discriminazione non colpisca solo te, ma un insieme di lavoratori. In questo secondo caso
potrai rivolgerti alla
Consigliera
di parità affinché ti assista nell'azione contro il tuo datore di lavoro.
Inoltre, la Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia garantisce - attraverso iniziative e
progetti - la promozione dei principi di parità e il superamento delle discriminazioni tra
uomini e donne nell'accesso al lavoro, nella retribuzione e nello sviluppo professionale e di
carriera (consulta la
sezione
dedicata del portale regionale).